Dopo l’intervista realizzata sul numero 70 al presidente del Comitato Paralimpico Nazionale Luca Pancalli, SportdiPiù Magazine Veneto ha incontrato Ruggero Vilnai, dal 2013 Presidente del CIP Veneto. Ne è scaturita una bellissima conversazione con focus sullo sport paralimpico regionale.
Presidente Vilnai, qual è l’attuale situazione del Veneto nell’ambito paralimpico?
«Nonostante la pandemia, i numeri dellosport paralimpico in Veneto sono in buona salute. È bene ricordare comunque che la nostra Regione offre la possibilità di praticare ben 40 discipline sportive diverse. La scelta è ampia, e la speranza è che sempre più persone possano avvicinarsi a questa realtà. Dopo i risultati delle paraolimpiadi di Tokyo molte persone con disabilità ci contattano per iniziare a fare sport, e la nostra mission consiste proprio in questo, promuovere lo sport paralimpico. In tutti questo, sicuramente giocano un ruolo importantissimo i media».
Questa recente attenzione dei media per lo sport paralimpico la vedi come una moda, o possiamo finalmente parlare di genuino riconoscimento dell’importanza di questa realtà?
«Tutto parte dalla bravura degli atleti, ma è innegabile che successo del movimento paralimpico, in buona parte, sia dato dai media. Le capacità degli atleti, se non venissero divulgate e rese note nel modo in cui solo i media sanno fare, non verrebbero mai portate alla luce. A partire dalle piccole tv locali alla Rai, ogni spazio che viene dedicato al mondo paralimpico è fondamentale. Bisognerebbe non fermarsi solo alle paraolimpiadi ma approfondire anche competizioni regionali e provinciali».
Le paraolimpiadi sono solo la lente di ingrandimento su questo mondo. Alla base però, c’è quello che viene fatto giornalmente, a cui non si dà ancora la giusta attenzione…
«Sicuramente. Il Comitato Paralimpico ha come primo impegno il coinvolgere le società ed i singoli individui. Il Veneto ha 1800 atleti paralimpici agonisti. Potrebbe sembrare un bel numero, ma solo il 2% delle persone con disabilità che potrebbero fare attività si avvicinano di fatto allo sport. Anche per disabilità gravi oggi c’è la possibilità di fare attività sportive ad alto livello».