Martino Pini, classe 1992 di Grosio, paese di poco più di 4000 abitanti in provincia di Sondrio, è senza dubbio un ragazzo e uno sportivo che sa trasmettere tanto. La sua forza è infatti esempio e ispirazione per chi deve lottare ogni giorno. Nonostante la vita abbia cercato di fermarlo con le ‘cattive’, Martino è un vincente a 360 gradi. A livello sportivo le sue performance in handbike – con le maglie della GSC Giambenini e della Nazionale Italiana – lo collocano di diritto tra i migliori in questa disciplina, anche in ottica futura. In questa intervista Martino ha raccontato la sua storia ai lettori di SportdiPiù Magazine.
Innanzitutto, chi è Martino Pini?
«Sono cresciuto a Grosio, un piccolo paesino di montagna, e fin da quando era piccolo ho sempre amato il movimento. Amavo giocare a calcio. Poi a 16 anni un brutto incidente mi ha costretto in sedia a rotelle. Ciononostante, superato il momento di naturale sconforto, ho cercato aiuto nello sport; ho provato sci, tennis e paraciclismo. E proprio la bici mi ha fatto tornare quella voglia di movimento e di ‘fare fatica’ che si era ormai assopita. Mi sono quindi buttato null’agonismo perché mi considero una persona curiosa, che non si pone limiti e che cerca sempre nuovi stimoli. Il confronto mi spinge a superarmi, a conoscere altre persone, ad avere rispetto per ciò che facciamo e a migliorarmi anche come persona».
Come hai iniziato ad andare in handbike?
«La bici l’ho conosciuta appena dopo l’incidente. Inizialmente pedalavo semplicemente per stare in forma senza però privarmi di altre cose. Dopo qualche anno l’amore per la bici è ritornato, più forte di prima così mi sono ripromesso che avrei ripreso impegnandomi e divertendomi, senza mai sentirlo come un dovere. Così un mio caro amico mi fece entrare a far parte del GSC Giambenini di Verona; mi sono trovato subito bene e si è creata un’ottima intesa con il mio allenatore, un binomio ideale grazie al quale poter crescere in serenità senza aspettative. Siamo partiti in sordina e abbiamo iniziato un percorso di crescita che, dopo un primo anno di assestamento fatto di tante parole e poche chiacchiere, negli ultimi due anni ho raggiunto una condizione fisica solida che mi ha permesso anche di ottenere ottimi risultati».