Una bicicletta per sensibilizzare le persone sulla drammaticità dei cambiamenti climatici in atto. È l’impegno che sta portando avanti l’ultracyclist Omar Di Felice, 40 anni, con il progetto “Bike to 1.5° C” in collaborazione con l’associazione Italian Climate Network. L’ultima impresa, collegata a questo suo impegno, lo ha visto compiere il giro del Circolo polare artico restando in sella per oltre due mesi. Ha attraversato otto nazioni percorrendo 4.200 chilometri con temperature minime che hanno raggiunto anche -42° C.
Partito il 2 febbraio scorso dalla Kamchatka (Russia) – riuscendo ad uscire dai confini russi pochi giorni prima della guerra con l’Ucraina – ha visto Di Felice attraversare la Lapponia, da Murmansk (Russia) a Tromsø (Norvegia), per poi passare all’esplorazione delle Isole Svalbard, Groenlandia e Islanda prima dell’approdo finale nelle regioni artiche del nord America dove ha pedalato tra Whitehorse (regione dello Yukon, Canada) fino alla linea del circolo polare artico in Alaska (Stati Uniti d’America), lungo la Dalton Highway. Concludendo il giro del Circolo polare artico il 10 aprile scorso.
Ha pedalato tra boschi, vulcani innevati, centinaia di chilometri nel silenzio più totale e con notti trascorse in bici sotto le luci dell’aurora boreale, ma ha anche sopportato bufere di neve e temperature molto rigide.
Per questa impresa l’ultracyclist ha utilizzato una bici da gravel alternata con una fat bike per le parti più estreme e remote. Per sette giorni ha anche pedalato trascinando una slitta di 50 chilogrammi su cui aveva caricato tutto il necessario per sopravvivere in totale autonomia.
Una impresa che ha messo a dura prova Di Felice non nuovo però a questo tipo di sfida, ma mai aveva coperto una distanza così lunga in simili condizioni ambientali. L’ultraciclista in passato si era cimentato nell’attraversata dell’Arctic Highway (1300 chilometri) in Canada, dell’Islanda, dell’Alaska, dell’Himalaya (1300 chilometri e 34.000 metri di dislivello) con l’arrivo al campo base dell’Everest posto a 5.364 metri di quota o come quella dell’ottobre scorso pedalando da Milano a Glasgow per partecipare alla Conferenza sul clima, la COP26, dove la sua bici è stata la prima ad entrare ufficialmente alle Nazioni Unite.
Il giro del Circolo polare artico, il secondo capitolo del progetto Bike to 1.5°C realizzato in collaborazione con l’associazione Italian Climate Network, ha visto Omar Di Felice anche nel ruolo di divulgatore sul tema dei cambiamenti climatici. Il percorso è stato il teatro di conferenze e dibattiti con esperti sulle criticità dell’Artico e le conseguenze del riscaldamento globale. Alle lunghe pedalate giornaliere si alternavano le dirette serali tenute con esperti e scienziati. Per chi volesse rivederle è sufficiente collegarsi al canale YouTube di Omar Di Felice.
A una nostra domanda su cosa gli rimane di questo viaggio, ci ha risposto: «La cosa che mi colpisce maggiormente è rendermi conto che il mondo, per come lo stiamo conoscendo noi, non sarà lo stesso nei prossimi decenni. L’idea che le future generazioni non vedranno né vivranno gli stessi luoghi con lo stesso clima, mi rattrista. Io stesso dopo oltre dieci anni di esplorazioni artiche noto quanto sia malinconico e demoralizzante assistere al ritiro dei ghiacci e a condizioni di innevamento sempre più scarse».
